Una persona su cinque al mondo ha una disabilità. Questo significa che il 20% delle persone possono trovarsi in situazioni di difficoltà e venire escluse da gran parte delle attività quotidiane. Ecco perché è importante costruire una società inclusiva e aperta a tutti, che garantisca gli stessi diritti a tutti gli esseri umani. Vediamo quindi che cos’è l’inclusività e cosa significa essere inclusivi.
Per spiegare il concetto di inclusività è giusto partire dalla definizione data dalla Treccani:
Capacità di includere.
Se questa frase può sembrare tautologica e poco chiara, vediamo allora la spiegazione vera e propria della parola “inclusività”:
Termine con cui si designano in senso generale orientamenti e strategie finalizzati a promuovere la coesistenza e la valorizzazione delle differenze attraverso una revisione critica delle categorie convenzionali che regolano l’accesso a diritti e opportunità, contrastando le discriminazioni e l’intolleranza prodotte da giudizi, pregiudizi, razzismi e stereotipi.
Qui si comprende meglio la portata della “capacità di includere”. Agendo infatti in questa direzione, si ottiene l’obiettivo di superare delle barriere sociali e costruire una collettività che includa tutti e dia a tutti le stesse opportunità.
Messi davanti a una simile definizione, potreste pensare che “inclusività” e “integrazione” abbiano lo stesso significato. In realtà vi sono delle differenze, per quanto l’obiettivo sia uguale: creare una società aperta a tutti gli individui.
L’integrazione prevede l’azione di integrare, appunto, un individuo in un contesto sociale indistinto, di massa. L’individuo passa a essere da soggetto escluso a parte della massa totale, organica e delimitata che compone la società.
Con l‘inclusività, invece, le differenze e le peculiarità dell’individuo non vengono annullate, ma solo assorbite nella società, mantenendo una loro identità e una loro struttura. Il soggetto acquisisce quindi la stessa dignità dei soggetti che lo hanno incluso, ma senza necessariamente diventare simile a loro.
Non esiste una ricetta univoca per l’inclusività. Come detto, l’inclusività prevede la necessità di rispettare le caratteristiche peculiari dei singoli individui, e va quindi valutata e modificata caso per caso.
Chi voglia essere inclusivo deve quindi prima conoscere l’individuo e capire i tratti che gli impediscono di vivere una vita piena e soddisfacente. Compreso questo aspetto, bisogna attuare le misure necessarie a eliminare gli ostacoli e poi applicarle. In questo processo è fondamentale il dibattito e il coinvolgimento degli attori sociali, a partire dai destinatari di tali misure. Il rischio, altrimenti, è di calare delle misure dall’alto che scontentino tutti e non sortiscano alcun effetto.
Una parola legata a filo doppio con “inclusività” è “accessibilità”. Di accessibilità abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo, che ti consigliamo di leggere prima di proseguire.
Se si vuole includere un soggetto o una categoria di soggetti dando loro le stesse opportunità, bisogna far sì che possano accedere a tali opportunità. Ecco che interviene l'accessibilità, argomento di rilievo soprattutto nell’ambito delle persone con disabilità. Chi infatti ha limitazioni fisiche o mentali ha bisogno di un maggiore supporto nella vita quotidiana. La società deve rendere tutti gli aspetti dell’esistenza accessibili, per far sì che la disabilità sia solo una condizione temporanea e non un impedimento a una vita piena.
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